Prima di esaminare il decreto attuativo per il piano Transizione 5.0, è utile fare un riepilogo delle principali novità introdotte rispetto al piano Transizione 4.0, che continua a esistere ma in forma ridotta.
Nel biennio 2024-2025 le aziende italiane si trovano di fronte a un'importante opportunità: accedere a due piani di incentivi distinti, il Piano Transizione 4.0 e il Piano Transizione 5.0, entrambi finalizzati a promuovere la crescita economica del Paese secondo le disposizioni del PNRR. Il decreto attuativo del piano Transizione 5.0, previsto per il primo aprile, è pronto e si applicherà retroattivamente ai progetti avviati dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2025. Sebbene ci siano novità positive, resta da vedere se sarà effettivamente utile per la transizione digitale delle piccole e medie imprese.
In questo articolo vedremo:
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Entrambi i piani perseguono obiettivi ambiziosi, seppur differenti:
Nonostante gli obiettivi distinti, entrambi i piani condividono un elemento chiave: la possibilità di richiedere incentivi per l'acquisto di beni strumentali 4.0. Si tratta di macchinari, impianti e tecnologie che integrano elementi di intelligenza artificiale, robotica, Internet of Things e altre tecnologie innovative.
Il Piano Transizione 5.0 si distingue per i maggiori benefici economici offerti alle imprese. Le aliquote di incentivo possono infatti raggiungere il 45%, contro il 20% massimo del Piano Transizione 4.0. Tuttavia, a fronte di questi vantaggi più consistenti, il Piano Transizione 5.0 presenta anche requisiti più complessi e una procedura burocratica più articolata.
Un'agevolazione importante è stata concessa ai software 4.0 nel 2022 con un credito del 50% per investimenti fino a un milione di euro. Inoltre, nel caso in cui l'unità produttiva riesca a risparmiare almeno il 10% di energia, e il processo produttivo almeno il 15%, l'aliquota riceve un incremento del 5% rispetto a quella in vigore fino al 2022.
Questo porta a un incremento del 50% per lo scaglione di investimenti più elevato, ossia quelli superiori a 2,5 milioni di euro. Un'altra novità rilevante è che questo scaglione ora include investimenti raddoppiati, fino a 50 milioni di euro, rispetto ai 20 milioni precedenti, considerata l'inflazione degli ultimi anni.
Il piano Transizione 5.0 amplia l'elenco dei software ammessi, includendo quelli destinati a monitorare i consumi energetici, l'energia auto-prodotta, l'efficienza energetica e, se acquistati insieme, anche i software ERP. Le aziende dovranno fornire una doppia certificazione: una preliminare sulla riduzione prevista dei consumi e una successiva che attesti la realizzazione degli investimenti.
Per quanto riguarda la formazione, il piano offre agevolazioni fino al 10% degli investimenti totali, fino a un massimo di 300.000 euro.
La scelta tra i due piani si pone solo per chi ritiene di possedere i requisiti per accedere ai benefici del piano Transizione 5.0, poiché, in tal caso, si soddisferebbero anche i requisiti (meno stringenti) del piano Transizione 4.0. Tuttavia, l'inverso non è vero.
Per accedere al Piano Transizione 5.0, infatti, non è sufficiente investire in beni strumentali avanzati, rispettare i requisiti e le condizioni previste. È necessario che l'investimento porti anche a un risparmio energetico nei consumi della struttura produttiva o nel processo interessato. Pertanto, il punto chiave è il seguente: se l'investimento non comporta un risparmio energetico nei consumi, si dovrà optare per il piano Transizione 4.0.
In conclusione, la scelta tra il Piano Transizione 4.0 e 5.0 non è univoca. Ogni azienda deve valutare attentamente le proprie esigenze, gli obiettivi e le capacità interne per individuare il piano che meglio massimizza i benefici e minimizza gli oneri.
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In collaborazione con Digital Dictionary