Con le parole dell’Ing. Sanelli, CEO di HYDAC Italia, si riapre il dibattito sull’Industria 4.0 e sulle sue implicazioni nel mondo dell’oleodinamica. Il tema è più che mai attuale: l’innovazione tecnologica deve tenere il passo con un maggior richiesta di risparmi energetici ed emissioni zero, in una congiuntura economica non proprio favorevole per il settore. Ecco il pensiero dell’Ing. Sanelli in merito alla digitalizzazione oloeodinamica.
“Da tempo partecipo a incontri, confronti, dibattiti sul concetto di Industria 4.0. Dopo le limitazioni sugli incentivi inserite dal precedente governo e le discussioni sull'efficacia del Piano Calenda mi è parso che questo tema si sia alquanto raffreddato, almeno a livello mediatico.
Lo scenario che ne risulta è alquanto complesso. La crisi del settore manifatturiero di quest’ultimo anno non spinge a nuovi investimenti a lungo termine in nuove linee di produzione.
Le motivazioni sono in gran parte riconducibili alla crisi dell’auto in Germania e al conseguente immobilismo tedesco nell'investire in tecnologie innovative, come la mobilità elettrica. Questo non è il solo motivo che ci ha portato all'attuale problema congiunturale se si considera il crollo degli ordini di macchine utensili, che nel Q2 2019 ha registrato un -31% sugli ordinativi secondo quanto dichiarato da UCIMU. Inoltre, oggi si richiede che l’innovazione tecnologica sia compatibile con i requisiti di emissioni zero, economia circolare e risparmio energetico, difficilmente soddisfabili se le risposte si trovano solo in nuove soluzioni tecnologiche spesso non ancora consolidate a livello industriale.
Parallelamente a tale scenario l’attenzione verte sui Big Data, come fosse il nuovo petrolio. Se da una parte i dati sono sempre più richiesti dall’altra si riscontrano difficoltà sulla gestione smart e sul trattamento degli stessi in ottica di Cyber Security.
Gestire dati e interpretali con analytics e algoritmi adatti è una nuova professione che, anche a fronte dell’imminente arrivo del 5G, dovrà in qualche modo evolversi per non lasciare completamente che le macchine parlino tra loro senza una coscienza umana che si frappone. Il profilo di colui che si interporrà tra due macchine “dialoganti” di un sistema produttivo sarà quello di un tecnologo che conosca il processo tecnologico e che sappia ricavare dalla miriade di dati solo le informazioni strettamente utili. Si tratterà di un profilo altamente qualificato e versatile dall’ampio know how, tutt’altro che “for free”.
Tutta questa evoluzione porta ad un crescente e inarrestabile bisogno di energia elettrica e di grid intelligenti che stabilizzino ed equilibrino le reti. Tale necessità si traduce in sistemi innovativi che mettano a disposizione energia pulita quando e dove serve, a fronte delle nuove sorgenti di energia proveniente da generatori difficilmente prevedibili e diagnosticabili. L’energia sempre più spesso viene prodotta dove non viene consumata e consumata dove non viene prodotta. Questa tendenza di crescita dei consumi ma di pochissima prevedibilità della produzione sta mettendo un po’ in crisi le reti e stanno nascendo nuove necessità tecnologiche. Basti pensare che al crepuscolo, nel momento in cui quasi contemporaneamente tutti accendiamo le luci nelle nostre case, il sole non fornisce più la sua energia alle solar farm. Lo storage è l’investimento energetico del futuro, si stanno quindi sviluppando soluzioni per accumulare energia e averla a disposizione quando serve. Alcune sono molto fantasiose come grandi volani sotterranei, oppure con grandi immagazzinamenti di aria compressa sotterranea (CAES), anche se i sistemi più plausibili e più sicuri sono ancora gli accumuli idrici e le Batterie Storage Systems.
Grandi evoluzioni quindi, ma senza una vera e propria regia politica. Ci troviamo oggi di fronte ad una forte richiesta di cambiamenti radicali con grandissima incertezza nel futuro. Conseguentemente chi fa impresa ha incertezza su dove destinare gli investimenti, anche a fronte di una forte disponibilità di liquidi. È in questo scenario congiunturale nebuloso che si muove l’idea di industria 4.0, con l’aspetto di un infante che non sa camminare da solo e nessuno che gli sappia dire dove andare.
Il risultato per chi, come noi, analizza le tendenze dei “Business climate index” per sapere cosa pianificare per il prossimo anno è quello di vedere che i propri clienti, in ambito B2B, hanno la tendenza di calare in CAPEX e di crescere in OPEX.
Con questa evoluzione, il tema che sale in cattedra è il Life Cycle Cost management di tutti gli asset e i concetti di manutenzione 4.0 diventano quasi più importanti della stessa idea di fabbrica 4.0. Si parla quindi sempre di più di strumentazione, sensori, software dedicato, disponibilità delle macchine, previsione dei cicli di produzione, digital twin, simulazione degli interventi di fermo produzione, previsioni di rottura dei componenti e analisi on line, come strumenti innovativi per la Manutenzione. In questo scenario le tecnologie manutentive, se da una parte si stanno rivoluzionando con l’utilizzo di strumenti sempre più efficaci, dall'altra dimostrano qualche lacuna di robustezza dei dati e di affidabilità dei segnali che sfruttano.
È mio parere che se si riuscisse a replicare copie virtuali delle macchine operatrici che siano aderenti almeno all’85% delle situazioni reali si sarebbe già fatto un grande passo avanti. Le condizioni al contorno di un modello virtuale non possono essere mai al 100% aderenti alla realtà e quindi, anche per i prossimi anni, ci vorrà sempre qualcuno che conosca a fondo il processo o la macchina e che prenda le decisioni di gestione supportato dai dati. Non va mai dimenticato che questi sono mezzi che permettono di sperimentare nuove filosofie manutentive, ma da soli non possono risolvere i problemi.
Tendenzialmente, i metodi implementati dovrebbero portare a prevedere potenziali situazioni di guasto, e agire in modo prescrittivo affinché la disponibilità produttiva dell’impianto sia massimizzata e sia ottimizzato il valore economico dell’asset. Questo approccio appare certamente adatto a settori con esigenze di produzione molto stringenti - l’esempio classico sono le linee di macchine utensili o di presse per la produzione di automobili – ma può essere anche implementato con successo in processi continui nei quali i requisiti di qualità e sicurezza della produzione siano imprescindibili (carta, cemento etc.).
Esempi di successo di queste implementazioni vi sono già, ed emergono dal mare di proposte, purtroppo in qualche caso ancora ambigue: alcuni OEM propongono infatti servizi addizionali e moderni, e hanno anche iniziato ad inserire tra essi concetti di Manutenzione 4.0. Il modello ha in primo luogo l’obiettivo di aumentare l’efficienza del service - prevedere i tempi di intervento e la ricambistica conoscendo la vita residua dei componenti – e anche di gestire i prodotti da remoto per garantire livelli di esercizio post vendita che permettano di ridurre i costi di garanzia.
Negli anni però l’analisi dei risultati ottenuti ha mostrato che gli indici di produttività spesso crescono con valori percentuali interessanti e questo ha portato a un approccio differente e innovativo.
Se da una parte si ha una maggiore disponibilità dell’asset, allo stesso tempo si ottiene la possibilità di controllarlo e ottimizzarne la gestione al variare delle condizioni al contorno, che siano esigenze produttive, di stagionalità o di variazione climatica. Il focus si è così ampliato dalla manutenzione tout-court al core business: è evidente che, quando una tecnologia permette di recuperare produttività nel core business, gli aspetti di risparmio nelle operazioni di manutenzione, sebbene importanti, passano comunque in secondo piano.
Questo ha permesso ad alcuni OEM di proporre modelli di business innovativi e distanti dalla vendita del prodotto: ad esempio si propone l’installazione gratuita di apparecchiature hardware per il controllo e la manutenzione 4.0 sulle diverse linee di produzione, a fronte di una sostanziale percentuale sulla maggiore produzione, oppure in funzione della sua continuità.
Per concludere, non so se sia nato prima l’uovo o la gallina, ma lo scenario attuale spinge per l’adozione di questi concetti, e d’altro canto le tecnologie di manutenzione 4.0 si integrano perfettamente nelle esigenze del clima congiunturale. Noi di HYDAC riteniamo di aver trattato il tema fin dall’inizio, e quindi di avere l’esperienza per poter dare idee e contributi in ottica 4.0 ai nostri clienti, in particolare per quanto riguarda fluid care, fluid service, technical cleanliness, sensoristica e data concentrator.
Grazie all’Ing. Sanelli per la sua panoramica su di un mercato, quello oleodinamico, che seppur toccato dal tema di Industria 4.0, ha necessità di essere indirizzato con più forza verso l’adozione delle nuove tecnologie.
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